Servizi sociali, l’Italia che spende ma non sempre dove serve
Il welfare comunale in Italia si trova oggi al centro di un delicato equilibrio: da un lato la necessità di garantire servizi sempre più complessi a una società che invecchia rapidamente, dall’altro la pressione delle nuove fragilità, dalle famiglie con minori agli immigrati. L’ultimo rapporto Istat sulla spesa dei Comuni per i servizi sociali (anno 2022) fotografa una situazione fatta di luci e ombre, con numeri che raccontano tanto i progressi quanto i paradossi del nostro sistema di welfare locale.
Quanto spendono i Comuni e da dove arrivano le risorse
Nel complesso, i Comuni italiani hanno destinato 10,9 miliardi di euro ai servizi sociali. La voce principale – 8,9 miliardi – grava sui bilanci municipali, mentre le famiglie hanno contribuito direttamente con 812 milioni e il Servizio Sanitario Nazionale con 1,2 miliardi.
L’incidenza di questa spesa sull’economia resta però modesta: lo 0,46% del PIL, un livello stabile e in linea con gli anni precedenti, nonostante un aumento del 5,8% in termini assoluti. In altre parole, si spende di più, ma non si cresce abbastanza da segnare un vero cambio di passo.
Dove vanno le risorse: famiglie, disabili e… un po’ meno agli anziani
Il rapporto evidenzia come la spesa sia concentrata su due grandi aree:
famiglie e minori (37,3%), tra nidi, servizi per la prima infanzia e altri interventi;
disabilità (27,5%), che negli ultimi dieci anni ha visto un balzo del 44% delle risorse.
E gli anziani? Qui emergono le criticità più forti: solo il 14,8% della spesa è destinata agli over 65, pur essendo la fascia di popolazione che cresce più rapidamente. Nel 2012 la quota era quasi al 20%, oggi è scesa, e la spesa media per anziano è addirittura diminuita: da 107 a 93 euro l’anno.
La situazione stride se confrontata con quella degli immigrati, a cui va il 5,1% della spesa totale. Una quota più contenuta, certo, ma in forte crescita: nel 2022 le risorse sono aumentate del 29,3% in un solo anno, segno di un impegno crescente verso l’inclusione e l’integrazione.
Divari territoriali: Nord e Sud sempre più lontani
Oltre alla ripartizione per categorie, colpiscono i divari territoriali. La Provincia di Bolzano investe 607 euro per residente, mentre in Calabria la cifra scende a soli 44 euro. Un divario che si ripete in quasi tutti i settori:
per gli anziani, Bolzano spende oltre 1.450 euro pro-capite, la Calabria appena 19;
per i minori, la media nazionale è 362 euro, ma si passa dai 96 euro del Sud agli 883 del Trentino-Alto Adige.
Il welfare locale non è dunque solo questione di scelte politiche, ma anche di capacità economica dei territori.
Famiglie e disabilità: due poli centrali
Le famiglie con figli sono diventate il cuore del welfare comunale: 3,3 miliardi di euro nel 2022, con un aumento del 4,7% rispetto all’anno precedente. I nidi e i servizi per l’infanzia assorbono il 41,2% delle risorse, ma non basta: le differenze tra aree geografiche restano enormi e l’accesso ai servizi è ancora molto diseguale.
Anche la disabilità mostra un impegno crescente: 2,4 miliardi, +10,9% in un solo anno. Una scelta che risponde a bisogni reali e che colma, almeno in parte, un vuoto storico. Tuttavia, i divari interni restano ampi: nel Nord-est la spesa supera i 2.700 euro per utente, al Sud non arriva a 1.100.
Povertà e senza dimora: più persone assistite, meno fondi
Il paradosso più evidente riguarda la lotta alla povertà: meno soldi, più beneficiari. Nel 2022 i Comuni hanno speso 800 milioni (−11,3% rispetto al 2021), ma hanno preso in carico 559.000 persone, quasi 51.000 in più rispetto al 2020. Un ribaltamento che si avverte soprattutto al Sud, dove le famiglie in povertà assoluta sono più numerose ma la spesa pro-capite resta la più bassa.
Intanto aumentano i senza dimora presi in carico dai servizi: da 25.800 nel 2019 a oltre 34.000 nel 2022. Segno che il disagio sociale non arretra.
Immigrati: record di spesa e nuove sfide
Il 2022 segna un record: 452 milioni di euro per l’inclusione degli immigrati, con una crescita da primato nelle Isole (+40,8%) e nel Sud (+34,6%). L’incremento non è solo quantitativo: più mediatori culturali, più progetti di integrazione, più strutture residenziali. Un impegno che fotografa l’Italia come paese di arrivo e di transito, e che porta con sé il dibattito sull’equilibrio tra accoglienza e sostegno agli altri segmenti della popolazione.
Un welfare in chiaroscuro
Il quadro che emerge è complesso: i Comuni italiani spendono, ma lo fanno in modo diseguale e con priorità che non sempre rispecchiano i cambiamenti demografici. Crescono le risorse per famiglie, disabili e immigrati, ma restano ferme – o addirittura in calo – quelle per gli anziani, nonostante rappresentino un terzo della popolazione.
Il welfare locale sembra inseguire le emergenze più visibili, mentre fatica ad affrontare la questione strutturale dell’invecchiamento. E il divario Nord-Sud, che si riflette nella qualità e nell’accessibilità dei servizi, rischia di ampliare ulteriormente le disuguaglianze.