Pantouflage, il confine sottile tra esperienza e conflitto d’interessi: nuove regole e sanzioni per tutelare la trasparenza nella PA
Il #pantouflage, quel passaggio apparentemente innocuo ma carico di insidie dal pubblico al privato, torna al centro del dibattito sulla #trasparenza e sull’#etica nella pubblica amministrazione. Si tratta di un fenomeno noto anche come “porte girevoli”, in cui un ex dirigente pubblico approda a ruoli di rilievo in #aziendeprivate, spesso le stesse che, fino a poco prima, erano oggetto delle sue decisioni o valutazioni. È facile intuire come tutto ciò possa generare conflitti di interesse gravi: un funzionario potrebbe usare a vantaggio del privato informazioni riservate o relazioni maturate nel suo incarico pubblico, alterando la parità delle condizioni e minando la fiducia dei cittadini. In Italia, il legislatore ha provato a mettere un freno a questa dinamica con l’art. 53, comma 16-ter del D.lgs. 165/2001, che introduce un vero e proprio “periodo di raffreddamento”: per tre anni dopo aver lasciato un incarico pubblico che prevedeva poteri autoritativi o negoziali, non si può lavorare con i privati che hanno beneficiato di quell’attività. Ma il pantouflage non riguarda solo i dipendenti classici della PA. Con il D.Lgs. 39/2013 e l’art. 21 in particolare, il divieto si estende anche ai titolari di incarichi negli enti pubblici economici o negli enti di diritto privato controllati dalla pubblica amministrazione. Una portata ampia, quindi, che comprende anche chi ha avuto contratti autonomi o a tempo determinato, e non solo il personale di ruolo. Le nuove Linee guida adottate da ANAC con la Delibera n. 493 del 25 settembre 2024 offrono chiarezza e strumenti interpretativi. Oltre a definire con precisione a chi si applica il divieto e per quali incarichi, sottolineano che la violazione ha conseguenze molto concrete: nullità dei contratti firmati in violazione, restituzione dei compensi eventualmente percepiti, e soprattutto il divieto per l’azienda privata di contrattare con qualsiasi pubblica amministrazione per tre anni. L’obiettivo è evidente: spezzare quella catena silenziosa di favori impliciti, di scivolamenti troppo comodi che possono trasformare un mandato pubblico in un trampolino per interessi privati. Non è una crociata contro chi cambia lavoro, ma un argine per garantire che l’uscita dalla PA non sia un investimento occulto in vista di un posto altrove. Eppure, nonostante norme e sanzioni, il pantouflage resta terreno scivoloso: servono controlli puntuali, ma anche un cambiamento culturale. Perché l’etica pubblica non si può affidare solo agli articoli di legge.