Il ritardo del governo nelle politiche urbane e lo sconforto dei Comuni esclusi dal PNRR

Il ritardo del governo nelle politiche urbane e lo sconforto dei Comuni esclusi dal PNRR

Nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), la Missione 5 (investimento 2.1) è proprio dedicata alla rigenerazione urbana, con un fondo pari a 3,4 miliardi di euro, dedicati a progetti di rigenerazione urbana per la "riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale, nonché al miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale ed ambientale".

Riqualificazione e rigenerazione urbana sono punti saldi dello sviluppo di una città, ma per giungere ai quali sono necessari investimento e pianificazione. Diverse discipline devono essere coinvolte nel processo, e spesso nel nostro paese non si presta la necessaria attenzione alla questione.

Quasi cento dei progetti presentati per il piano non sono rimasti ammissibili (dei 2.418 presentati, 2.325 sono stati accettati), ma per questi esclusi, che si sono lamentati a gran voce, pare si sia trovata una soluzione. Il fatto è che molti Comuni necessitano di aiuti per la riqualificazione, ma come riportato sopra il PNRR prevede fondi solo agli interventi che hanno obiettivi soprattutto di natura sociale. Tra il centinaio di progetti esclusi (molti di Comuni del nord), si è rivelato che il motivo dell'esclusione è stato in genere causato proprio da un indice di vulnerabilità più basso e non dalla qualità dei progetti sottoposti. è stata l'ISTAT ad elaborare l'IVSM (Indice di vulnerabilità sociale e materiale), ovvero l'indicatore composito, che tiene conto di vari fattori: analfabetismo, disoccupazione, numero di famiglie prive di un’entrata generata da un’occupazione, potenziale disagio assistenziale, scolarizzazione giovanile e situazione di sovraffollamento abitativo.

Ad indice di vulnerabilità più elevato (ovvero nei Comuni con un disagio maggiore) è corrisposta la priorità per la distribuzione dei fondi. All'uscita del decreto interministeriale Interno-MIMS-MEF, dello scorso 30 dicembre, i Comuni rimasti esclusi dalla possibilità di beneficiare del contributo hanno contestato proprio il criterio, richiedendo una distribuzione delle risorse del PNRR più equa per il territorio nazionale.

Il vero problema però non è tanto l'indice di vulnerabilità come erroneo metro di giudizio per i progetti, perché in fondo ha lo scopo di aiutare a ridurre le fragilità sociali, quando l'assenza di reali politiche urbane nel nostro paese. Basta pensare che non riusciamo a riformare una legge urbanistica risalente al 1942, e che siamo uno dei pochi paesi dell’Unione Europea a non avere un ministero dedicato alle città e neppure un’Agenda Urbana nazionale. In tale contesto, le risorse del PNRR, seppur ingenti (10 miliardi complessivi per la rigenerazione urbana), non possono di certo bastare a riempire quel vuoto creato da decenni di inefficienti (o inesistenti) politiche urbane.

Assegnare fondi per aumentare l'inclusione sociale urbana non rende tali risorse utilizzabili per la rigenerazione urbana, nell'ottica di rendere le città più moderne ed ecosostenibili. E probabilmente sarebbero questi ultimi gli interventi più necessari a città con i bilanci in sofferenza da decenni (senza quindi la possibilità di grandi investimenti). A monte, il governo dovrebbe concentrarsi a creare piani e programmi strutturati in grado di fornire ai Comuni le condizioni e gli strumenti per rendere più efficienti e sostenibili i propri territori, con l'appoggio di una regia nazionale in grado di coniugare esigenze sociali, ambientali, energetiche e di mobilità.

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