Donne sindaco, una crescita che cambia il volto della politica locale
Nel 1986 le #donne #sindaco in Italia erano appena 154. Oggi, quasi 40 anni dopo, sfiorano quota 1200. È una crescita lenta, forse, ma costante e significativa, che racconta una trasformazione profonda della politica locale e del ruolo delle donne nelle istituzioni. A ricordarlo è Vittoria Ferdinandi, sindaca di Perugia e delegata Anci alle Pari opportunità, commentando i dati del dossier #Anci “Donne in Comune”, che fotografa lo stato della rappresentanza femminile negli enti locali. Un quadro che, pur con le sue ombre, restituisce segnali positivi: le donne oggi rappresentano il 34,1% degli amministratori locali, una percentuale mai raggiunta prima. È il frutto di un impegno collettivo, di #leggi, ma anche di scelte culturali, di visione, di una crescente consapevolezza #sociale che riconosce nel talento #femminile un valore da coltivare e da includere nei processi decisionali. Un dato particolarmente interessante riguarda l’aumento della presenza femminile in ambiti come ambiente e lavori pubblici, settori fino a poco tempo fa considerati esclusivo appannaggio maschile. Qui si vede la forza del cambiamento: non si tratta solo di numeri, ma di qualità della governance, di visioni nuove che arricchiscono il modo di amministrare, di approcci diversi che sanno tenere insieme pragmatismo e cura. Ma non è tutto oro: resta evidente un divario territoriale che continua a penalizzare Sud e isole, dove la presenza femminile nei ruoli apicali resta sensibilmente più bassa rispetto al Nord-Est e al Centro, che guidano questa trasformazione. È un divario che va colmato, con politiche più coraggiose e mirate, perché ogni donna, ovunque viva, deve poter aspirare a una leadership politica, senza ostacoli né disuguaglianze strutturali. Interessante anche il dato sulla crescente femminilizzazione del personale comunale, con il 57% delle assunzioni stabili che riguarda le donne: un altro segnale che racconta un cambiamento culturale in atto, in cui le donne non solo entrano, ma partecipano in modo attivo e qualificato alla vita amministrativa. E i benefici, del resto, vanno oltre la sfera pubblica: secondo l’indice globale di genere, investire nelle pari opportunità potrebbe far crescere il PIL europeo dal 6 al 9%. È una questione economica, sociale, democratica. E anche se il percorso da fare è ancora lungo, è evidente che qualcosa si muove. Sta a tutti noi, ora, consolidare i risultati raggiunti e continuare a spingere nella direzione giusta: quella di una politica che non abbia paura di essere anche femminile, e di una società che riconosca davvero a ogni voce pari dignità e peso.